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Con "Morte di un naturalista", nel 1966, iniziava l'avventura poetica di Seamus Heaney. Il suo esordio aveva subito imposto una personalità d'autore matura e originalissima, la cui voce si sarebbe ben presto confermata inconfondibile e centrale nel panorama della poesia degli ultimi cinquant'anni. Carico di motivi che verranno poi a svilupparsi nella coerenza delle opere successive, questo primo libro colpisce fin dalle battute iniziali per l'energia con cui viene presentato un mondo in cui il legame con la terra - e con la quotidiana esperienza umile di chi la abita e lavora - sprigiona un senso di complessa autenticità vitale, tanto lontana dalla realtà di oggi da sembrare quasi preistorica. Per gli uomini del paesaggio irlandese di Heaney, la realtà è nella fatica e nella sapienza del lavoro, nello scavo della terra stessa. E il poeta è un osservatore sensibilissimo di fronte alla molteplicità della natura, nel suo incessante ripetersi di morte e rinascita, dove la bellezza e la meraviglia vengono inesorabilmente a coesistere con l'orrore e la paura, sentimento molto forte in quest'opera, come sottolinea nella sua Nota Marco Sonzogni, a cui si deve la traduzione in versi italiani.